martedì, Ottobre 15, 2024
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10 febbraio, giorno del Ricordo delle foibe

Esistono popoli e popoli e colgo l’occasione del 10 febbraio, Giorno del Ricordo delle foibe, per far notare certe differenze. In Istria e Dalmazia vivevano popolazioni di lingua italiana dall’epoca della Repubblica di Venezia e l’architettura di molti edifici delle varie città e cittadine, Capodistria, Pola, Cittanova, Umago, Fiume, Zara, lo dimostra. Stiamo parlando dunque di popolazioni italiane che vivevano in territori italiani. Dopo gli orrori del fascismo che colpirono anche quelle terre orientali e le popolazioni slovene che vivevano accanto agli italiani, vi fu l’8 settembre 1943 e l’inizio della tragedia. I partigiani jugoslavi del maresciallo Tito incominciarono le rappresaglie contro gli italiani con una ferocia e una crudeltà non inferiori a quelle dei fascisti. In Istria e Dalmazia fu in atto una vera e propria pulizia etnica, gli italiani venivano strappati dalle loro case, furono perseguitati in tutti i modi, torturati, ammazzati, imprigionati fino alla tragedia delle foibe. Gli ultimi studi e ricerche dicono che le vittime furono più di 20.000. I torturatori jugoslavi li legavano gli uni agli altri, sparavano in testa al primo che precipitando nel buco profondissimo si tirava dietro tutti gli altri. Morivano laggiù, al buio, feriti, con fratture in tutto il corpo, con il terrore nell’anima, morivano di paura e di dolore forse pensando a che fine avessero fatto i loro parenti, le loro famiglie. Trecentocinquantamila furono gli esuli che fuggirono con i carretti fino a raggiungere le navi che li avrebbero portati a Trieste e da lì chissà dove. Molti si fermarono a Trieste, altri proseguirono per altri campi profughi, trattati malissimo dagli italiani che li consideravano fascisti perché non avevano voluto restare nella Jugoslavia comunista. La rossa Bologna si comportò in modo vergognoso, quando i treni dei profughi, senza più terra né beni, arrivarono in stazione, furono insultati, rifiutarono loro persino l’acqua e arrivarono a gettare sulle rotaie il latte destinato ai bambini. Per quasi mezzo secolo l’Italia non si ricordò di loro. Moltissimi emigrarono in Australia ma ognuno di essi ha ancora nel cuore la casa dei padri e l’Istria. Il giorno del Ricordo fu istituito solamente nel 2004 tra mille contestazioni delle sinistre. Perché ho voluto ricordare le foibe e l’esodo degli italiani dalle loro terre? Per prima cosa perché mi coinvolge personalmente e in secondo luogo per parlare del coraggio e della dignità di un popolo, quello giuliano-dalmata, rimasto senza terra e senza patria, cacciato e maltrattato, costretto a emigrare in terre lontane che non conosceva. Questo popolo non ha mai fatto un solo attentato, non ha sparato un colpo, non ha mai fatto terrorismo. Ha ricacciato le lacrime in gola, si è tirato su le maniche e si è messo a lavorare per rifarsi una vita. Vogliamo fare un’equiparazione con i cosiddetti palestinesi? La situazione è quasi identica. Agli arabi che, prima del 1948, vivevano nel Mandato britannico insieme agli ebrei, fu offerto un territorio per gestirsi da soli e creare un paese come gli ebrei stavano facendo. Rifiutarono e fecero invadere Israele, appena nato, dai paesi arabi. Per decenni hanno rifiutato un territorio perchè volevano eliminare quello assegnato a Israele. Hanno fatto terrorismo, guerre, intifade, si sono fatti sempre mantenere dalla comunità internazionale e per decenni hanno coccolato dentro di sé l’odio che i figli hanno ereditato dai padri. Non hanno orgoglio né dignità ma solo rancore, invidia e desiderio di vendetta. I giuliano-dalmati non sono più profughi, sono italiani, australiani, americani, argentini, pur sentendo nel cuore una grande nostalgia per la loro terra. I palestinesi, inventati di sana pianta nel 1965, restano profughi per l’eternità, di padre in figlio, pur vivendo alcuni in America, molti in Giordania, dove sono l’80% della popolazione,restano comunque profughi, non si sa di cosa e di quale territorio. Anche se all’estero qualcuno si è arricchito non cessa di essere un povero profugo che pretende di gettare gli ebrei in mare e di impossessarsi della loro terra/giardino per poi ridurla a deserto come tutto quello che toccano.

Deborah Fait

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