venerdì, Dicembre 6, 2024
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Sgarbi contro Miccichè. Ma la storia siciliana è come il manifesto della regione Liguria: “taroccata”

E’ difficile poter dire quanto “sentite” siano le affermazioni del sottosegretario di stato Gianfranco Miccichè su Garibaldi, ma di certo ha titolo ad esprimere opinioni sulla storia “italiana” per la Sicilia perché lui, a differenza di Sgarbi, portato in pompa magna a Salemi da Giammarinaro, è siciliano. 
E se Miccichè dice che secondo lui andrebbero tolte dalla toponomastica dei comuni siciliani le vie intitolate a Garibaldi per sostituirlo con Federico II, non fa che affermare ciò che quasi la maggioranza dei siciliani pensa.   
Sgarbi ha ragione però a stigmatizzare il fatto che due figure istituzionali, uno Presidente della Regione e l’altro sottosegretario di stato, si esprimano in termini così drastici su Garibaldi.  
Pretendere che i siciliani si riapproprino della propria storia, selvaggiamente taroccata dallo stato italiano, è un fatto serio e il sentimento di sicilianità e di autonomia, quest’ultimo definito dall’attuale Presidente della Repubblica “rigurgito” secessionista, non può essere utilizzato per propaganda politica. 
Se Miccichè e Lombardo sono autonomisti “veri” e non di “comodo” agiscano di conseguenza, altrimenti evitino di offendere la Sicilia con i loro comportamenti. 
Quanto a Sgarbi, ferrarese, e quindi “italiano” per tradizione e convinzione, vogliamo solo ricordare che due fatti riportati dai libri di storia italiani,  taroccati come il manifesto fatto preparare quest’anno dalla Regione Liguria per festeggiare  il 25 Aprile, che da soli dimostrano la falsità della storia garibaldina.  
A Marsala, un sindaco qualunque “firma” un documento di decadenza della monarchia borbonica, e a Salemi, il “liberatore”, stabilisce la prima capitale del regno d’Italia.  
Nel 1860 il sud, Sicilia compresa, era sotto il governo borbonico, e il regno italiano è stato proclamato ufficialmente nel 1861. 
Due falsi storici che fanno da contorno ad una vicenda, quella garibaldina, che ha “tolto” ai siciliani la rivoluzione siciliana iniziata decenni prima, taroccata e deformata per uso e consumo dello stato unitario.

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