sabato, Luglio 27, 2024
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F.N.S.: “NO” al ponte sullo stretto – "NO " al ponte della vergogna e della sopraffazione

La promessa di una piccola pioggia di milioni di euro che potrebbe cadere sulla Sicilia e sulla Calabria, nell’eventualità che si aprissero i “CANTIERI” per la costruzione del PONTE-IMBUTO sullo Stretto di Messina, sarebbe offensiva per la stragrande maggioranza dei Siciliani che NON SONO IN VENDITA e che non vogliono il PONTE stesso. Un’opera, questa, dannosa che peraltro viene già indicata come il “PONTE della VERGOGNA” per via dei tanti valori, degli interessi e dei diritti IRRINUNCIABILI del Popolo Siciliano, che, l’opera stessa, si accinge a calpestare. Anzi, che ha già cominciato a calpestare.
Ancora prima che si aprano i cantieri e che si inizino i lavori.
L’ “ESCA” di un grande finanziamento (sostanzialmente pubblico) iniziale non chiuderebbe affatto la “VERTENZA PONTE”. Anzi la RIPROPORREBBE in modo più “TRAUMATICO” e più antidemocratico di quanto non abbia fatto in passato.
Non sappiamo se sia stato già redatto ed approvato il PROGETTO ESECUTIVO, che, – fra l’altro, – avrebbe dovuto dare risposte concrete ad una serie di rilievi e si osservazioni di fondamentale importanza. E certamente PREGIUDIZIALI per la fattibilità dell’opera.
Fino a questo momento non ci risulta inoltre che sia stato predisposto ed approvato alcun disegno di legge che renda possibile e regolamenti una consultazione REFERENDARIA. Alla quale hanno innegabilmente DIRITTO i Popoli che sono più direttamente minacciati dal PONTE della VERGOGNA.
La costruzione del quale, fra le altre conseguenze negative (e “CERTE”) avrebbe quella di mutare “geograficamente” lo status della Sicilia e quello della Calabria.
La Sicilia perderebbe, infatti, la propria INSULARITÀ e diventerebbe “PENISOLA” (parte terminale, – cioè, – per non dire SOTTOSUOLA, dello STIVALE). La Calabria, a sua volta, da parte finale e “naturale” dello STIVALE, verrebbe retrocessa a territorio di solo transito. L’una e l’altra sarebbero “smembrate” in quanto dovranno cedere una parte del rispettivo territorio e delle rispettive dignità e identità alla istituenda REGIONICCHIA dello STRETTO. Una soluzione, quest’ultima, che penalizzerebbe soprattutto la nobile e gloriosa Città di MESSINA, compromettendone la stessa esistenza.
Ciò premesso, puntualizziamo che NON può e non deve essere sottovalutata l’IMPORTANZA di uno specifico REFERENDUM. Ipotesi, quest’ultima, che il Governo Italiano e la maggioranza trasversale “PONTISTA” escludono aprioristicamente e apoditticamente in quando ritengono (o fingono di ritenere) che quella del “PONTE-IMBUTO” rientri fra le grandi opere pubbliche per la cui realizzazione non sarebbe necessario alcun REFERENSUM. Niente di più sbagliato. Anche perché il PONTE-IMBUTO non è una qualunque opera pubblica di grossa entità.
È, infatti, un “UNICUM” che inciderebbe, se realizzato, come nessun’altra opera, nel contesto politico, economico, sociale, paesaggistico nel quale verrebbe realizzato.
Ricordiamo a noi stessi che il “PONTE della VERGOGNA” sarebbe anche un enorme MACIGNO di cemento e di acciaio posto (anzi gettato) sul cuore della MAGNA GRECIA, della sua storia, della civiltà, della cultura.
Intendiamoci. Un eventuale (ed improbabile) esito del Referendum a favore del Ponte supererebbe certamente gli altri ostacoli, anche di carattere tecnico, che oggi sconsigliano l’avventura del Ponte e che domani comporterebbero quanto meno continui “blocchi” e lunghe interruzioni al traffico automobilistico e ferroviario.
La  mancata consultazione referendaria, – (che, lo riteniamo, andrebbe necessariamente regolamentata da una nuova apposita legge), – renderebbe giuridicamente, moralmente, politicamente ancora più “ILLEGITTIMA” la costruzione del PONTE. Prescindendo da ogni altro impedimento e da ogni altra considerazione.
Fra queste considerazioni, vorremmo tuttavia che non venisse trascurato il diritto del Popolo Siciliano a decidere in qualsiasi momento la “rimozione” del PONTE stesso.
Per concludere: ci permettiamo di ribadire con forza che nessuno, neppure lo Stato italiano, ha il diritto di cambiare lo “STATUS” GEOGRAFICO della Sicilia (trasformandolo, – lo ribadiamo, – da Isola al centro del Mediterraneo a squallida appendice della Penisola italiana). Ancora più grave sarebbe la situazione se ciò dovesse aver luogo senza avere sentito prima e attraverso l’invocato, specifico, REFERENDUM, cosa realmente vogliano i Siciliani. Quale sia cioè la effettiva VOLUNTAS SICULORUM.
Ovviamente il Referendum dovrà essere onesto, corretto e chiaro. E dovrebbe svolgersi sotto il controllo dell’UNIONE EUROPEA.
Un Referendum, quindi, che non sia “parente” del tragico e farsesco PLEBISCITO del 21 ottobre 1860. il quale ultimo, com’è risaputo, fece apparire che l’ANNESSIONE della SICILIA al REGNO SABAUDO-PIEMONTESE fosse stata votata liberamente e spontaneamente dal 99,84% dei Siciliani. Mentre nella realtà l’avevano voluta pochissimi Siciliani, troppo spesso al servizio di forze politiche e di gruppi di potere estranei ed ostili alla Sicilia ed ai suoi interessi.
Fatte salve ovviamente le lodevoli, ancor quando numericamente non molto rilevanti, eccezioni di veri idealisti.
Quale fosse stata la vera volontà del Popolo Siciliano sarebbe stato invece dimostrato dalle grandiose rivoluzioni e dalle lotte del Popolo Siciliano per la propria libertà e per la propria indipendenza.

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