venerdì, Marzo 29, 2024
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Rimandiamo Sgarbi al suo paese, se vi è ancora qualcuno disposto a riceverlo

Non bastano tutte le parole al mondo per esprimere la (mia) tristezza per la morte di Giuseppe Gatì. A volte nella disperazione di assistere ad eventi così violenti, la rabbia mi porta a pensare che la natura è spesso tiranna coi suoi figli migliori, i più sinceri ed genuini. Mi auguro che l’associazione nazionale familiari vittime della mafia, con in testa Sonia Alfano, conduca senza sosta una decisa battaglia contro ogni sopruso, che i mafiosi e certi politici insolenti e machiavellici, nonché quei sindaci, rappresentanti di governo, magistrati, operatori della sicurezza, imprenditori e tanti altri, allo loro stregua e più meno occultamente o camuffati dietro una loro immagine pubblica, realizzano o anche solo tentano per ostacolare o negare ai cittadini il diritto di sapere, di essere informati, di esprimersi e di denunciare ogni malefatta.
Sgarbi, ad esempio, ha agito in passato proprio in questo modo con Giuseppe Gatì, ad Agrigento non ha certo gradito che Giuseppe lo definisse “pregiudicato” in quanto condannato con sentenza passata in giudicato per truffa ai danni dello stato italiano … ed ora è Sindaco di una città siciliana! 
La Sicilia non può permettere al signor Sgarbi di disprezzare la gente comune e laboriosa, apostrofandola con epiteti ben volentieri volgari. Il nostro Giuseppe ha un posto d’onore nella platea delle persone per bene, oneste e leali, che con coraggio e fierezza si sono opposte al regime, alla sua casta dirigente, ai suoi politici ed ai suoi faccendieri.
E’ necessario che il lavoro e la parola dell’associazione presieduta da Sonia Alfano pervadano innanzi tutto i Comuni della Sicilia, per ridare ai loro cittadini lo strumento con cui potersi rinfrancare dai comportamenti intriganti, per mezzo dei quali i politici locali e nazionali speculano a tutto campo sui bisogni dei tanti e coltivano esclusivamente gli interessi di pochi, intrecciando nelle tessere del malaffare la politica e la pubblica amministrazione con il governo delle imprese private e dei capitali finanziari. Scrisse Giuseppe Fava nel suo articolo I 4 cavalieri dell’apocalisse mafiosa:
 “Non ci deve essere un ostacolo, un rischio, una trappola. E’ necessaria quindi una folla di complicità dovunque, in ogni settore della società, criminali comuni, impiegati del fisco, piccoli armatori marittimi, dipendenti delle linee aeree, funzionari dello stato, probabilmente anche funzionari di polizia, magistrati, ufficiali di finanza, amministratori di enti locali, sindaci, assessori. Tutti costoro stanno al livello che abbiamo detto della manovalanza criminale, ognuno pagato e ricattato per suo conto, all’interno di un gruppo che garantisce il dominio di un piccolo territorio o quartiere della città.” 
Bene! questo fronte non è stato ancora rotto, sebbene penetrato dalle riuscite incursioni di magistrati e poliziotti severi, ma anche di quegli onesti cittadini che stanno sul fronte della lotta alla mafia ed alla corruzione e militano al di fuori delle organizzazioni “riconosciute ed ufficiali” le quali spesso sono schierate e conniventi. Ancora la Sicilia non è libera dalla corruzione e dal malaffare.
Tutti loro, seppur denigrati da politicanti e ministri di grido così indecenti ed impettiti durante le loro apparizioni sui serial nazionali televisivi dell’ultima ora, continuano a marciare sul passo della rivolta civile, della denuncia e della ricerca della verità. 
E’ possibile che ogni Comune abbia il suo Sgarbi, ma è altrettanto possibile che in ognuno di essi vi sia un Giuseppe Gatì o una piccola schiera di persone normali, che non accettano o non  condividono l’operato dei loro amministratori e che sono in grado di mostrare al mondo le corruzioni o gli intrighi del palazzo. E qui quindi che bisogna intervenire, è in questi luoghi che bisogna andare per diffondere il verbo di una nuova resistenza civile e democratica alla violenza del sistema.
 Nello Russo

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