sabato, Luglio 27, 2024
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Sicilia: il popolo non deve sapere come si spende il denaro pubblico

Francofonte. Recentemente i media hanno portato all’attenzione dei cittadini il caso riguardante le missioni dei deputati all’ARS, portato alla ribalta dall’onorevole Apprendi del Partito Democratico e non stupisce ciò che si riporta sta accadendo.
Alla legittima richiesta di un parlamentare regionale di sapere come vengono spessi i soldi pubblici, a favore dei suoi colleghi, viene opposto il riservo per motivi di privacy. Questa cosa lascia davvero attoniti! ma del resto dovevamo aspettarcelo in funzione del fatto che il Presidente dell’Assemblea Regionale il 4 Giugno 2008 ha emanato un Decreto, col quale viene fortemente limitato l’accesso agli atti amministrativi della stessa Assemblea. Quindi sembra rispondere al vero l’ipotesi secondo cui, in questi tempi, il nascondere gli effetti di certa pratica politico-amministrativa o gelare i diritti conquistati a fatica dai cittadini in merito all’informazione ed alla conoscenza degli atti e dei documenti prodotti da organi politici e dai loro diretti funzionari – nostri dipendenti – è divenuta prassi consueta.
E’ chiaro che, in questo modo, si pretende di ottundere l’attenzione sulla allegra gestione del patrimonio e delle risorse pubbliche.
Tra l’altro, in alcuni enti locali, laddove il diritto di accesso viene sulla carta garantito e finanche ben regolamentato, di fatto succede che i cittadini, siano essi singoli o organizzati in associazioni, incontrano notevoli ostacoli all’accesso agli atti, costruiti doviziosamente, giusto per creare disagi o per disorientare i più deboli. In verità dovremmo ribellarci a questo stato di cose e rifiutare energicamente di assistere immobili e rasseganti ai comportamenti indolenti della pubblica amministrazione. La restrizione del diritto alla conoscenza, operata mediante la pratica amministrativa o per scelta politica o per il capriccio di taluni funzionari, laddove non è consentita, comporta una blindatura del potere politico e amministrativo intorno alla sua attività. Essa diviene funzionale alla volontà di celare le operazioni o le attività con le quali si gestisce la “res pubblica”, per renderla viziata e piegata agli interessi della casta o ai particolarismi di altri.
Non è escluso, tuttavia, che simili comportamenti, assolutamente illegittimi, se non quando illegali, se segnalati a dovere alle competenti autorità giurisdizionali possano trovare, di volta in volta, un freno, fino a giungere al perseguimento dei responsabili. A meno che, ma non oso pensarlo realmente, non si stringa un legame forte ed interessato tra chi deve vigilare e chi deve essere vigilato! 
Ma ciò che accade all’ARS sembra pratica comune negli enti locali siciliani. Mettiamo il caso di Francofonte,  cittadina della Provincia di Siracusa, amministrata con regolare insipienza dal sindaco UDC, Giuseppe Catania, che ha fatto della demagogia l’elemento fondante della sua attività propagandistica.
Senza andare molto a ritroso nel tempo, volgendo lo sguardo ancora ad oggi, a distanza di tre (3) mesi, dopo una regolare richiesta di accesso agli atti, un cittadino attende copia della determina n.27 del 31 Luglio 2008, con la quale il consorzio “Unione Jonica dei Comuni”, finanziato in gran parte con soldi regionali,  dovrebbe in teoria gestire alcuni servizi intercomunali tra Francofonte e Melilli, per il loro potenziamento o la loro ottimizzazione. Legittima richiesta di un cittadino che vuol sapere come vengono utilizzate le risorse finanziarie pubbliche e se vengono rispettati i principi costituzionali dell’economicità e dell’imparzialità della pubblica amministrazione. La richiesta del cittadino è stata disattesa, o meglio ignorata, tanto è vero che in violazione alle norme di legge fatte per “alzare muri tra cittadini e amministrazione”,  il dirigente comunale incaricato non si è degnato neanche di inviare al cittadino la “canonica” lettera in cui sono indicati i tempi per la trattazione della pratica né il nome del funzionario responsabile. D’altra parte siamo a Francofonte non certo a Milano! Ma se ad un cittadino non si dà risposta non sembra che la musica cambi con i rappresentanti sindacali. Il responsabile sindacale del S.I.L.Po.L. (Sindacato Italiano Lavoratori Polizia Locale) e in esecuzione del potere di controllo, che le o.s. e le r.s.u. esercitano sulle risorse finanziarie destinate all’attività lavorativa del personale dipendente, ci informa che attende ancora di essere convocato per negoziare sul bilancio di previsione del……2008, quando è noto che il consiglio comunale ha persino votato le variazioni a chiusura di anno solare. Ebbene su di esso sembra calato un silenzio assordante, mentre probabilmente nel ristretto circolo delle stanze delle commissioni consiliari, ed in alcuni casi si racconta in occasione di cene ristrette,  la torta del bilancio avrebbe subito il solito saccheggio politico e partitico di siciliana memoria. Il tutto probabilmente, discusso e concordato durante le cene di cortesia, o in alcuni casi in “incontri casuali”.   
E la tanto decantata partecipazione dei cittadini all’amministrazione pubblica? Semplice teoria elettorale.
A Francofonte, come all’ARS e in molte realtà siciliane, l’imperativo sembra impedire di dare contezza della gestione dell’ente pubblico, e distogliere l’attenzione dei cittadini sulle modalità di gestione e utilizzo del denaro pubblico, evitando accuratamente di rendere note, come dovrebbe essere in uno stato di diritto, determinate modalità con le quali gestisce complessive risorse iscritte in bilancio.     
Francofonte non è un caso ma uno dei casi di una realtà politica amministrativa regionale che si è elevata a casta dominante e gestisce la cosa pubblica con tanti notabili che sembrano operare come dittatori attorniati da tanti capi feudali.    
In Sicilia cala una triste disinformazione e i cittadini, le associazioni, i sindacati e i categorie di lavoratori vivono ogni giorno nella disperazione dell’impotenza contro certi muri innalzati da chi amministra il territorio.
In questo contesto sembrano irridenti verso il popolo le parole del presidente Napolitano pronunciate nel suo discorso di fine anno. Ha parlato di riforme condivise della Costituzione e da tempo parla di rispetto della stessa quando la stessa Corte Costituzionale la viola. Ha parlato di un nuovo costume politico che si basi esclusivamente sull’interesse pubblico ma in definitiva ha eluso il tema dell’onestà politica e degli immani sprechi e privilegi della casta a cui lui stesso appartiene, e di quanti, circa 2 milioni, al caldo della casta vegetano senza produrre alcunché per il popolo.
E il peggio sembra ancora dover arrivare.
(ennerre60)

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