sabato, Luglio 27, 2024
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CONSULTA: il canone depurazione va pagato da chi usufruisce del servizio. Perché i media tacciono?

Ne avevamo ampiamente parlato l’anno scorso e più di qualche comune ha fatto spallucce e soprattutto non ha mai sentito la necessità di rispondere ai cittadini che avevano inoltrato ricorso. Finalmente la Corte di Cassazione mette un punto definitivo su questa controversa questione. Vera e propria gallina delle uova d’oro, il canone di depurazione è stato per i comuni siciliani fonti di introito perché le leggi italiane come al solito non si applicano ma si interpretano.

Ecco quindi che nel marasma delle leggi e dei regolamenti, un tributo  chiesto ai cittadini per un servizio quale la depurazione delle acque, nel tempo è divenuto nell’immaginario delle finanze creative dei comuni, una vera e propria tassa imposta a tutti i cittadini indipendentemente dal fatto che usufruissero o meno del servizio.

Sulla questione è intervenuta anche la Corte di Cassazione ma una volta le sentenze del palazzaccio, così viene chiamata la sede della Corte di Cassazione, faceva giurisprudenza, da tempo invece, sono solo sentenze e basta.

Finalmente la Corte di Cassazione con la sentenza dell’11 ottobre 2008 n. 335, chiude il capitolo delle interpretazioni e sancisce il principio costituzionale che il “tributo va corrisposto solo da chi usufruisce del servizio” .

La Corte dichiara non costituzionale l’articolo 14, comma 1, legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche), sia nel testo originario, sia nel testo modificato dall’art. 28 della legge 31 luglio 2002, n. 179 (Disposizioni in materia ambientale), nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti «anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi»

e dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 155, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti «anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi

Va da sé che i comuni siciliani possono applicare tale tributo solo ed esclusivamente se il servizio di depurazione esiste e se i cittadini ne usufruiscono. Tradotto significa che chi non è fisicamente allacciato al sistema fognaria non è tenuto a pagare alcun tributo perché non usufruisce del servizio.
Le argomentazioni della Corte questa volta che non si prestano a dubbi di sorta e il richiamo alla Costituzione è ben chiaro.

I comuni siciliani sono in fermento. Nei loro bilanci avevamo inserito enormi somme di denaro provenienti dall’illecito tributo applicato a tutti i cittadini, ora si trovano a dover rivedere i bilanci, rifare i conti e prevedere il rimborso per gli anni che illecitamente lo hanno riscosso.

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