Leggere le parole attribuite dai vari media all’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, nuovo presidente del Comitato militare della Nato, e rimanere stupiti.
Cavo Dragone, come riportano alcuni media dice che “La pace e la sicurezza non sono gratis. Ma la guerra ha costi immensamente superiori. Dobbiamo convincere i nostri cittadini che siamo in pericolo” e che “Si ripete una minaccia analoga, se non peggiore, a quella che c’era durante la Guerra Fredda. Logica vorrebbe che si ritornasse a determinati valori di impegno. Vedremo come, a seconda delle nazioni, però questo è un dato di fatto. Perché la minaccia c’è. L’abbiamo alle porte di casa, è in Europa. Siamo in ritardo. Avremmo dovuto essere più previdenti e dobbiamo risalire una china“.
Conoscendo l’Ammiraglio Cavo Dragone come uomo e militare d’altri tempi queste dichiarazioni fanno pensare e ci convincono che probabilmente il nuovo incarico lo porta necessariamente a cambiare il suo approccio alla difesa e sposare il pensiero del nuovo segretario NATO, Mark Rutt che sta seguendo le orme del suo predecessore distintosi durante il suo mandato per la sua verve bellica.
probabilmente a cambiare il suo approccio alla difesa e sposare il pensiero del nuovo segretario NATO, Mark Rutt che sta seguendo le orme del suo predecessore distintosi in questi ultimi due anni per la sua verve bellica.
Su un punto l’Ammiraglio ha pienamente ragione di essere preoccupato. Le nostre FF.AA sono in una situazione di crisi esistenziale. Le carenze tecnico operative, logistiche e di personale e la sospensione della leva obbligatoria, hanno fatto diventare il comparto un mondo burocratico ad invecchiamento precoce e senza alcuna possibilità di ringiovanimento e, cosa che più conta, ha messo fine alla famosa “riserva” garantita fino al 2005 da militari “addestrati” e quindi pronti all’operatività dopo un breve ciclo di aggiornamento.
L’essenza del militare sembra vaporizzata nelle nuove Forze Armate di “professionisti”(?). Non sembra esserci più gente che sappia cosa significhi sacrificio e soprattutto gente che sappia cosa significhi “lavare le latrine” e “spirito di corpo”. L’orario, gli straordinari, l’esternalizzazione dei servizi tipici di una caserma hanno snaturato l’essere militare creando il prototipo di soldato impiegato che senza il supporto di ditte civili non sa più operare.
Hanno pensato a forze armate formate da professionisti e si ritrovano con burocrati da svecchiare senza però sapere come. Volevano le forze armate con armamenti avanzati e si ritrovano senza forze corazzate, costretti ad aggiornare i vecchi “Ariete” del periodo della guerra fredda e con i vecchi Leopard 1 ed M60 allineati nei depositi da tempo. Il progetto di aggiornamento è stato interrotto e quello dei nuovi carri Leopard 2A8 si è impantanato perchè la cordata franco tedesca Knds ha deciso di non proseguire con la collaborazione con Leonardo.
Non meglio sta l’Aeronautica e ancora peggio la Marina. Insomma, un quadro disarmante e le previsioni non sembrano rosee. L’unico comparto che va alla grande come al solito del resto, è ciò che viene definito “Quadri Generali e Colonnelli” in numero abnorme rispetto alle reali esigenze di comando ed operative. Secondo il Report della Ragioneria di Stato, sollecitato dall’allora governo Monti, in Italia il numero di uomini e donne in divisa era di circa165 mila e si contavano 480 generali, di cui 50 di corpo d’armata, che salivano a 69 considerando i parigrado di Carabinieri e Guardia di Finanza. In pratica un generale ogni 378 militari. Negli Stati Uniti, nello stesso anno, i generali erano il doppio, circa 980, ma le forze militari USA hanno 1.471.730 tra donne e uomini. C’erano poi circa 90 generali in “ausiliaria”: ufficiali cioè che cessato il servizio attivo per raggiunti limiti di età, rimangono a disposizione per richiami in servizio nel caso ce ne fosse la necessità.
Nel 2024 la situazione non è certo migliorata. Su 160 mila militari, circa 20 mila sono ufficiali e 50 mila sottufficiali. L’età media dei sottufficiali è di 50 anni e quella della truppa di 40.
In questa situazione ripensare alle FF.AA italiane e al suo equipaggiamento è indispensabile ma necessiterebbe una politica capace di proiettarle nel futuro partendo dal presupposto che l’esercito di professione andava bene per le finte missioni di pace e non per una guerra di difesa. Le guerre in Ucraina e a Gaza hanno dimostrato ai tanti strateghi militari che se non hai truppe di terra addestrate e fresche puoi avere tutte le tecnologie di questo mondo ma si è condannati a soccombere. La riserva, come succede in tutti gli eserciti del mondo, escludendo il Regno Unito, viene dalla leva. Crosetto prende ad esempio la Svizzera. Forse non nessuno gli ha ricordato che nel paese del gruviera ogni cittadino è obbligato a svolgere il servizio di leva e quindi si garantisce una adeguata e preparata riserva.
Se siamo in ritardo tecnologico (e organizzativo/operativo) le responsabilità non sono solo politiche.
Riguardo alla NATO, questa istituzione da tempo ha perso la sua funzione di organizzazione di difesa. L’attacco alla ex Jugoslavia, l’intervento in Kosovo, la guerra in Afghanistan e in Iraq, sono solo alcuni esempi che oggi ne fanno un’istituzione pericolosa per la pace e la stabilità nel mondo. La sua lenta avanzata ad est è una dimostrazione palese della voglia di guerra con il nemico di sempre.
La sua dipendenza diretta dagli USA e la tutela degli interessi geo politici, economici, commerciali e finanziari di Washington, sono chiari e sanciti dallo stesso statuto. Infatti per entrare a far parte dell’organizzazione e per uscirne autonomamente (e l’Italia se lo volesse lo potrebbe fare con semplice comunicazione), si deve presentare tale decisione agli Stati Uniti d’America.
Secondo Mark Rutte non potremo avere una mentalità di pace. Non fanno paura le frasi di Rutte, lasciano preoccupati che questi pensieri siano fatti propri dai nostri veritici politici e militari.
L’attuale situazione geo politica, strategica, sociale ed economica in Europa è il risultato di una classe politica europea incapace e dei membri costitutivi della stessa NATO che non hanno saputo opporsi all’ingresso degli stati dell’ex Patto di Varsavia nel patto atlantico.
La guerra che oltre 32 paesi combattono contro la Russia sulla pelle degli ucraini è responsabilità grave ed ineludibile della NATO, dei governi di Londra e Washington e della passività dei governi europei. Far finta che il mondo sia in pericolo solo per l’aggressività della Russia vuol dire mentire alla storia e alla realtà fattuale.
Cavo Dragone avrebbe detto che la nostra società non lo sa e non vuole sapere che sarebbe in pericolo e quindi si deve convincere – e devono convincerla – che è in pericolo.
Se Cavo Dragone pensa che si deve convincere la società che è in pericolo, ciò fa emergere in tutta la sua gravità il pensiero atlantico proiettato alla guerra contro la Russia. Già, perché è evidente che tutto il pensiero NATO è in funzione anti Russia e il riferimento che l’Ammiraglio fa a proposito della Crimea non lascerebbe dubbi.
Come sempre l’Italia sbaglia ad individuare il nemico. Il nemico siamo noi e la pericolosa nullità dell’Europa sempre prone agli interessi USA che con la longa manus che risponde al nome di NATO, ha stravolto gli equilibri politici e militari nel continente e portato morte e devastazione nel mondo.
Prima di chiedersi quanto costa la pace o quanto costa la guerra, sarebbe meglio chiedersi cosa fare per la pace. Fino ad oggi l’Italia ha investito nella guerra in Ucraina circa 12 miliardi di euro sottratti alle necessità della sanità e al sociale.
Giova ricordare l’articolo 1 dello Statuto NATO ….
“Le parti si impegnano, come stabilito nello Statuto delle Nazioni Unite, a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale in cui potrebbero essere coinvolte, in modo che la pace e la sicurezza internazionali e la giustizia non vengano messe in pericolo, e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all’uso della forza assolutamente incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite”.
Riesce difficile condividere le parole dell’Ammiraglio Cavo Dragone.
E’ però auspicabile che possa portare in ambito NATO quella professionalità e saggezza che gli si riconosce senza farsi coinvolgere dal pensiero unico guerrafondaio.
La pace va costruita prima di essere difesa.
Michele Santoro